Valantz, percependo quel cambiamento d'umore, decise di spezzarlo. "Guarda il lato positivo, Aster. C'è anche la possibilità che Gelsomina sia riuscita a scappare da sola."
Le parole, semplici ma cariche di ottimismo, ebbero l'effetto desiderato. Aster si riscosse e alzò leggermente il capo. Una lieve scintilla di speranza si accese nei suoi occhi, e lui accennò un debole sorriso. "è vero... potrebbe essere riuscita a scappare."
Ma la consolazione durò poco. Nyxial intervenne senza mezzi termini. "Anche se fosse scappata, potrebbe trovarsi ancora in pericolo. Le ninfe non sanno combattere. Non come noi pegasi, che siamo nati per combattere."
Quelle parole furono come una freccia che colpiva il bersaglio. Aster abbassò di nuovo lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. I suoi pensieri tornavano a Gelsomina, immaginandola spaesata e vulnerabile, con nessuno a proteggerla.
Valantz, forse per cambiare argomento o per necessità, allungò una mano alla sacca che portava alla cintura, estraendo una piccola pozione. Il liquido all'interno era di un blu scintillante, con leggere venature argentate che sembravano fluttuare come fumo liquido. Fece bere la pozione a Nyxial.
Aster, incuriosito, domandò al pegaso: "Hai sete?"
Ma fu Valantz a rispondere al posto suo. "Nyxial non ha sete, ma questa pozione gli serve per mantenere la sua ascensione. Può restare così, nella sua forma ascesa, per un'ora. Poi tornerà alle dimensioni normali."
Aster annuì, guardando il possente pegaso con un misto di ammirazione e curiosità. Il cielo attorno a loro rimaneva vasto e sconfinato, e la fine della scia sembrava non voler arrivare mai. Dopo un lungo silenzio, Valantz tornò a parlare.
"Sai, Aster, hai fatto bene a chiedere aiuto a Laura e non alle Sentinelle Rosa."
"Sentinelle Rosa?" domandò Aster, sollevando un sopracciglio con aria perplessa.
Valantz scoppiò a ridere, scuotendo leggermente la testa. "Non sai cosa sono? Le Sentinelle Rosa sono la forza dell’ordine della Penisola di Farindale."
Aster si grattò la testa, cercando di ricordare. "La forza dell’ordine della Penisola di Farindale? Ma... non saranno quei peluche rosa? Credevo fossero solo mascotte o qualcosa del genere."
Valantz rise di gusto, il suo corpo scosso dalle risate mentre stringeva saldamente le redini di Nyxial. Poi, tornando serio, spiegò: "Quei 'peluche', come li chiami tu, potranno pure essere non intelligenti, ma ti assicuro che sono incredibilmente forti. Soprattutto quando agiscono in gruppo. Una volta, c’è stata una rivolta di mille giocatori nella città di Valtharion... Beh, indovina chi l’ha sedata?"
Aster spalancò gli occhi, incredulo. "Le Sentinelle Rosa?"
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"Proprio loro," confermò Valantz, con un sorriso sornione. "Ti assicuro che non c’era più nessuno in piedi quando hanno finito. Sembrano adorabili, ma ti consiglio di non sottovalutarli mai."
Aster rimase a bocca aperta, incapace di immaginare quei peluche rosa, che ricordavano giocattoli per bambini, come forze dell’ordine temibili. Ma nel suo cuore, quella storia aggiunse un altro strato di stranezza a quel mondo, rendendolo ancora più misterioso e imprevedibile.
Dopo un’altra ora di volo incessante, accompagnata da un’altra pozione per Nyxial, Valantz strinse improvvisamente le redini d’ombra e fuoco, i suoi occhi brillanti di un entusiasmo che raramente mostrava. "La fine della scia... la vedo!" esclamò, la voce carica di energia.
Aster, al suono di quelle parole, sentì il cuore accelerare. Per un istante si dimenticò di tutto il resto: la fatica, l’ansia, il dolore. Il suo volto si illuminò come non era mai accaduto prima, un sorriso ampio e genuino gli attraversò le labbra, trasformando il suo solito sguardo preoccupato in un’espressione radiosa. Gli occhi brillavano di speranza, come se il cielo infinito attorno a loro riflettesse la gioia che sentiva. Si raddrizzò leggermente, riempiendo il petto d’aria fresca, quasi volesse gridare al mondo che ce l’avrebbero fatta.
Ma quella gioia durò poco. La concentrazione tornò a impadronirsi di lui, e il sorriso si fece più serio. Gelsomina era là fuori, in pericolo, e lui non si sarebbe fermato davanti a nulla per salvarla. Con voce ferma, sicura di sé, disse a Valantz: "Non importa cosa troveremo. Farò qualsiasi cosa per salvare Gelsomina."
Valantz lo guardò di sottecchi, accennando un mezzo sorriso. "Non ci sarà bisogno di combattere contro quell'orco," rispose, indicando qualcosa davanti a loro. "Guarda laggiù."
Aster seguì il gesto e sgranò gli occhi. Una torre si stagliava nel bel mezzo di una vasta pianura desolata, avvolta da un’aura di inquietudine. Era altissima, così imponente che sembrava voler sfidare il cielo stesso. Le sue mura erano crepate e annerite, come se il tempo e le battaglie avessero lasciato segni profondi. Eppure, nonostante il suo aspetto decadente, emanava una maestosità terrificante, una presenza che sembrava opprimere chiunque la guardasse. Era abbandonata, ma ogni pietra pareva sussurrare storie di sofferenza e pericolo.
"La scia punta alla vetta di quella torre," continuò Valantz. "Se la scia è ancora visibile, significa che Gelsomina è viva. Ma è anche in pericolo più che mai."
"Perché?" chiese Aster, il cuore stretto in una morsa.
"Quella torre..." Valantz prese un respiro profondo. "è il nido di un Shyvrakth, una creatura che non vorresti mai incontrare."
Aster lo fissò, confuso. "Un Shyvrakth? Cos’è?"
Valantz lo spiegò con voce grave. "è un rapace delle tenebre. Gigantesco, feroce, e assetato di carne. Le sue piume sono nere come la notte, così spesse da sembrare piastre d’armatura. Le sue ali possono generare tempeste, e il suo becco... be’, è affilato come mille spade, capace di frantumare persino la roccia. Non combatte per difendersi. Combatte per il piacere di uccidere."
Aster sentì un brivido corrergli lungo la schiena, come se l’aria attorno a lui fosse improvvisamente diventata più fredda. La paura si insinuò nei suoi pensieri, facendolo tremare.
"Stai... stai dicendo che potrebbe attaccarci in qualsiasi momento?" chiese con un filo di voce.
Non ebbe bisogno di una risposta. Un verso stridulo e raccapricciante squarciò l’aria, facendo vibrare ogni fibra del suo essere. Era un suono acuto e gutturale, simile al grido di un’anima dannata, accompagnato da un’eco che sembrava provenire dalle viscere della terra. Quel verso trasudava morte e malvagità, facendo rabbrividire persino Nyxial.
Tutti e tre si voltarono verso la fonte di quel suono. In lontananza, un’ombra gigantesca si stagliava contro il cielo azzurro di mezzogiorno. Le ali del Shyvrakth si aprirono, coprendo quasi metà dell’orizzonte, mentre la sua figura si delineava. I suoi occhi scintillavano di un blu notte, freddi e implacabili.