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Capitolo 3: Probabilità dello 0.01%

  Gelsomina arrossì leggermente, ma subito il suo carattere giocoso prese il sopravvento. Fece una capriola in aria, poi si lasciò ricadere delicatamente sul suo fiore. “Grazie! Questo è il mio vero aspetto.”

  Aster notò anche il vestito della fatina: un abito fatto di foglie intrecciate e petali viola, che si muoveva come se fosse parte di lei. Incuriosito, abbassò lo sguardo verso se stesso. I suoi abiti erano cambiati. Ora indossava una lunga tunica verde scuro, con motivi floreali dorati che decoravano le maniche e l'orlo. Una cintura di cuoio intrecciato con piccole foglie ornamentali gli cingeva la vita, mentre un mantello leggero, color muschio, gli copriva le spalle. Stivali robusti ma eleganti, perfetti per camminare nei boschi, completavano il suo abbigliamento.

  “Non male,” mormorò tra sé, osservando i dettagli degli abiti. Poi controllò se ci fossero altri cambiamenti: le orecchie appuntite erano sempre lì, ma non notò nulla di strano.

  Improvvisamente, però, sentì su di sé degli sguardi insistenti. Si voltò e si accorse che molte persone, giocatori e NPC, lo stavano fissando. Ma quegli sguardi non erano rivolti a lui: tutti guardavano Gelsomina, ancora seduta sul fiore, che lo osservava con un sorriso divertito.

  La folla attorno a loro si faceva sempre più numerosa, e presto iniziarono i bisbigli.

  “Quella... è una ninfa?” sussurrò qualcuno.

  “Non vivono nel Bosco Eterno? Cosa ci fa qui?” rispose un altro.

  “Ho sentito dire che c’è una probabilità dello 0,01% di trovare una ninfa nell’Uovo della Guida!”

  Gli sguardi curiosi presto si trasformarono in ammirazione e sorpresa generale, e la folla continuò ad aumentare. Tuttavia, l’atmosfera mutò bruscamente quando una voce burbera e prepotente si fece largo tra i commenti.

  “Ehi! Spostatevi, fate largo!”

  Davanti ad Aster e Gelsomina comparve un orco dalla pelle verde, alto più di due metri, con due grosse zanne che spuntavano dalla bocca e un’aria minacciosa. Indossava un’armatura pesante e arrugginita, decorata con graffi e ammaccature che testimoniavano numerose battaglie. Alla cintura portava una spada enorme, quasi delle dimensioni di Aster.

  La folla sussurrò nuovamente, ma questa volta con timore.

  “Quello è Prunto...”

  “Cosa ci fa qui quel prepotente?”

  “Speriamo non ci siano guai.”

  Prunto si fermò a pochi passi da Aster, scrutandolo con occhi maliziosi, poi indicò Gelsomina con un gesto brusco. “Vendimela,” disse con tono rude. “Quella ninfa. La voglio. Ti pago bene.”

  Aster lo fissò, confuso. “Vendertela...? Ma non è in vendita. E poi, lei non è un oggetto.”

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  L’orco ridacchiò, ma era una risata priva di gioia. “Forse non hai capito, umano. Non era una richiesta. Se non me la dai, io e il mio clan faremo della tua vita qui un inferno.”

  Gelsomina si nascose tra i capelli di Aster, terrorizzata. “Ti prego,” sussurrò con la voce tremante. “Non lasciarmi a lui. Non voglio andare con lui!”

  Aster le posò delicatamente una mano sul capo per rassicurarla. “Non ti venderò, stai tranquilla.” Poi si voltò verso Prunto. “Hai già la mia risposta. Non succederà mai.”

  L’orco sbuffò, furioso. “Allora sei proprio un idiota.” Estrasse la sua spada, che brillò minacciosamente alla luce dei due soli. “Vediamo se cambi idea quando sarai in pezzi!”

  Prima che Aster potesse fare qualsiasi mossa, Prunto si lanciò contro di lui con una velocità sorprendente. Il suo fendente fu talmente rapido e potente che Aster riuscì solo a spostarsi di poco, ma non abbastanza.

  La spada lo colpì in pieno, tagliandolo in due. Aster crollò a terra, la parte inferiore del corpo si dissolse in un vortice di dati. Sdraiato sul terreno, sentiva un dolore sordo, non paragonabile a quello reale, ma comunque disturbante.

  Con lo sguardo rivolto al cielo, Aster vide Gelsomina che veniva afferrata dall’orco. “Buonanotte, idiota,” disse Prunto con un sorriso crudele, prima di scomparire tra la folla con la ninfa che piangeva disperata.

  Poi, tutto divenne buio.

  Davanti agli occhi di Aster apparve una schermata floreale con la scritta:

  Tempo alla rinascita: 23:59:48

  Aster si scagliò contro la scritta sulla schermata, imprecando: “Come tempo alla rinascita?! E perché così tanto tempo?!” La frustrazione e il panico lo assalirono, ma poi si accorse che le sue gambe erano tornate. Si guardò intorno in quel buio senza fine.

  Non c’era nulla, a parte la schermata che lampeggiava davanti a lui:

  Tempo alla rinascita: 23:57:02

  E sotto, una piccola scritta: Log Out

  Non riusciva a pensare ad altro che a Gelsomina, rapita da quell’orco. Doveva trovarla, salvarla. Ma intorno a lui c’era solo un vuoto nero, infinito come il bianco che aveva visto prima di entrare su Encrypted. Aster cominciò a correre in ogni direzione, cercando disperatamente una porta, un portale, qualsiasi cosa che potesse riportarlo indietro.

  “Riportatemi nel gioco! Devo salvarla!” gridò, mentre la schermata restava immobile, indifferente alle sue suppliche. Provò persino a toccare le lettere della scritta, pregandole di dargli una possibilità, ma non accadde nulla.

  Alla fine, esausto e sconfitto, si rassegnò. “Non ho altra scelta...” sospirò, fissando la scritta Log Out. Con un ultimo sguardo frustrato, pigiò l’opzione.

  Un momento dopo, Leonardo si ritrovò steso sul letto, il casco VR ancora fissato sulla testa. La sensazione di risveglio lo travolse, come quando si esce da un sonno profondo e si torna alla realtà con una vaga confusione. Il cuore gli batteva forte, il corpo era sudato, e il letto sembrava più rigido di quanto ricordasse. Rimase lì, immobile, per lunghi minuti, cercando di rimettere insieme i pezzi di quello che era successo.

  Poi il suono del suo smartphone lo riportò completamente alla realtà. Squillava con insistenza, illuminando la stanza semi-buia. Leonardo sospirò, si tolse il casco e rispose alla chiamata.

  “Pronto?” disse, con un tono stanco.

  Era sua madre. “Leonardo, hai cenato?” chiese, con la solita voce premurosa. Lo chiamava sempre per accertarsi che avesse mangiato, una piccola routine quotidiana che gli ricordava quanto ci tenesse a lui, anche se a volte poteva sembrare eccessiva.

  “No, non ancora,” rispose, portandosi una mano alla fronte. “Stavo... ero immerso in un libro.”

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